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amenità

1960s BUSINESS MAN IN TREE...

1960s BUSINESS MAN IN TREE…

Le amenità, o forse meglio dire vacuità o stramberie, inserite per sorridere un po’, sono estemporaneità piuttosto …fantasiose, frutto di pensieri colti al volo,  forse medicine prodotte da quella zona “cuscinetto” del cervello deputata a smussare le piccole asperità quotidiane.

  1. Liorente Llorente ex sottotenente nullatenente, nonostante fosse veggente aveva sperperato la buonuscita inutilmente, eppure faceva l’impertinente, insomma un fetente. Quando prendeva il sole al torrente ed era di zuccheri carente, correva in casa immantinente e si calava un energizzante, che gli procurava caghetta persistente, che lui, da  buon ex sottotenente, teneva a bada col solito astringente. Llorente Llorente non essere insistente, prestarti soldi è indecente, vatti a purificare prima alla sorgente, pentiti coscientemente, giura solennemente di non spendere più soldi sventatamente ne’ di essere impertinente e poi, se non sarai impaziente, ne parliamo sinceramente. Altra strada ci sarebbe veramente: farti una permanente sul retro ed….offrirlo a tutta la gente, ma a parere mio saresti…dolente ed anche incosciente se non demente. Ascoltami per una volta attentamente: con la tua buona mente non ti sarà difficile trovare un lavoro decente e, non essere titubante, anche una compagna accondiscendente e la vita cambierà improvvisamente, ma se la tua apatìa sarà un deterrente, caro Llorente per te non ci sarà più niente e morirai perdente. Passò il tempo inesorabile e lui ? sempre indolente, decisi allora di fare entrare in scena MariaRosa…casualmente. MRosa è giovane piuttosto formosa forse tortuosa, ma polposa e sinuosa. Purtroppo Llorente si è  così disabituato alla femminil gente che appena gliela presento l’appella” a cosaaa”; “MRosa” lo bloccai subito “questo è LLorente, uno che di belle donne se ne intende e infatti ti si stava presentando dicendo-a bella cosa MRosa , son Llorente tuo fedele servente”. C’ho messo la faccia per tamponare la figuraccia; sarà sufficiente a recuperare Llorente? MRosa, che generalmente è spassosa e radiosa, nell’occasione si stupì nello scoprirsi ansiosa e smaniosa di conoscere il suo nuovo Llorente e di fargli vedere di essere amorosa, risparmiosa e..avventurosa. Tutto sembrava volgere per il meglio invece  dopo giorni mi chiamò Llorente, furente      “quella..cosa..MRosa altro che amorosa e risparmiosa, non solo è barbosa, pallosa, pelosa e permalosa  ma anche rancorosa e dispendiosa, così le ho detto- senti, a cosaaa, hai smesso di fare la smorfiosa, vai a farti una pera voluttuosa”. Mi fece pena, feci ricorso ad ogni mia risorsa. Gli presentai allora contemporaneamente tutte le donne che mi vennero in mente, ma: Adelina gli sembrò cretina, Adriana una gran puttana, Agrippina un pò bassina, Alba… come ‘na babba, Assunta proprio consunta, Berenice una infelice, Brigitta troppo diritta, Brunetta gli ricordava Forza Italia e poi non era perfetta, Carmela magra come una candela, di Costanza ne ebbe subito abbastanza, Clarissa sembrava una madre badessa, Consolata troppo sconsolata, Diletta aveva la faccia da cotoletta, con Elektra prese subito la scossa così scappò di corsa, Eliana? una frana, Fiorenza grande come una credenza, Giovanna? meglio la nanna, Gigliola pericolosa come una tagliola,  Glenda troppo lenta, Larissa purtroppo non era, guardava solo…fissa, Lalla solo curve come una palla,  Luigina troppo bambina, Margherita era svampita, Marisa immobile come  Monna Lisa, Martina? meglio una tartina, Melissa una gran fissa ma troppo prolissa, Miranda stonata come la banda, Natascia una bagascia, Ombretta con una solo enorme tetta, Penelope orribile anche se leggiadra come antilope, Rocca una gnocca ma  strocca, Selene bruciava come acetilene, Teresa era blesa, Umberta era poco aperta, Violante intrigante ma incostante. Sfiduciato Llorente volle farla finita: indossò una collana con una pietra da 30 kg, ma di fronte al mare mentre era pensante fu abbagliato  da una stupenda cometa cadente: era Greta che lo sfiorò come stella filante:  così crollò l’impenitente Llorente.
  2. La blesa allegra Io sono sempve allegva ma oggi è pvopvio una giovnataccia. Ho tve canali come la VAI, ma nel pvimo ho le mie cose abbondanti, nel secondo le emovvoidi ivvitanti, nel tevzo i denti dolovanti. Altvo che: viva la VAI –  viva la VAI!
  3. Fuori di se Quel dì ero così fuori di me che, conoscendomi come le mie tasche, decisi fosse meglio fare mente locale .
    Me le dissi in tutte le salse, me le mandai a dire,  mi dissi pane al pane, mi misi alle strette e strillai come un’aquila, mi parlai dietro le spalle ma fu come parlare al muro, mi presi con le molle, mi presi di petto e mi trattai come una pezza, mi pugnalai pure alla schiena, mi spremetti come un limone, mi tarpai le ali, mi toccai nel vivo, parlai come un libro stampato, parlai a nuora perchè suocera intendesse, presi posizione, presi il do di petto, presi la palla al balzo, ruppi il ghiaccio, saltai di palo in frasca, saltai il fosso, scesi a patti con me stesso, scesi dalle stelle alle stalle, sentii l’antifona e chiamai l’appello, fui sul filo del rasoio, fui teso come un tamburo, spezzai una lancia, storsi il naso e strinsi la cinghia, strizzai il cervello, tessi la tela, tentai di trovare il bandolo della matassa ma trovai l’America, volli la botte piena e la moglie ubriaca, vuotai il sacco, aspettai e sperai, alzai l’ingegno e le chiappe, ammazzai il tempo e la noia, ascoltai tutte le campane, attaccai bottone, battei il ferro mentre era caldo, battei la fiacca così bestemmiai come un turco, bevvi come una spugna ma caddi in disgrazia così mi calai le brache, cazzai la randa e cercai col lanternino, cercai l’ago in un pagliaio… anche per mare e per terra poi mi chiusi a riccio, mi comandai a bacchetta ma contavo come il due di picche.
    Ho sempre pensato che sia meglio andare a fronte alta ed a tutto gas, andare in brodo di giuggiole che con la coda di paglia, andare di corpo che  andare a farsi benedire o a gambe all’aria. Così, (pur tremando come una foglia e sudando freddo, pur sapendo che tra il dire e il fare.., che era facile scivolare sulla buccia di una banana, perdere il lume della ragione e la bussola, prendere lucciole per lanterne, restare senza fiato, abboccare all’amo, affogare nei debiti, battere il ferro mentre era caldo, cadere in disgrazia e calarsi le braghe, dormirci sopra come un ghiro, fare la faccia di bronzo, fare la frittata, fare l’asino nel lenzuolo e l’avvocato del diavolo, fare un buco nell’acqua, farsi il sangue amaro, legarsela al dito e metterlo sulla piaga, darsi la zappa nei piedi, lasciarci le penne, cadere dalla padella alla brace, perdere il filo del discorso e non capire un’acca,  salvare capre e cavoli, sciogliersi come neve al sole, suscitare un vespaio, togliere le castagne dal fuoco), corsi a rotta di collo, saltai di palo in frasca, saltai il fosso,  ma non credetti ai miei occhi per come ero bravo a dare un colpo al cerchio ed una alla botte, così mi diedi delle aree, ma mi diede molto del filo da torcere per dare a Cesare quello che era suo, allora me li diedi così di santa ragione ma così di santa ragione che fui costretto a darmi prima alla macchia e poi all’ippica. Oggi sono ridotto carne ed ossa, mi sento nudo e crudo, mi osservo dalla testa ai piedi, mi metto sotto sopra o controvento, h 24 faccio tira e molla e gioco a testa o croce. Poi mi dico “boh non c’ho capito un’acca!”
  4. Confusion Otto, il polindromico ometto monroviano, viveva ancora nel clangore delle armi quando mi incontrò e, bloccando il mio spontaneo saluto, mi chiese”L’amore è la palingenetica obliterazione dell’io cosciente che si immedesima e si infutura nell’archetipo prototipo dell’antropomorfismo universale o no ?, rispondi sennò impazzisco!” Pensando che fosse intronato come al solito a causa di tutte quelle  bombe, che tempo addietro gli erano esplose  attorno, cercai di prendere tempo e tranquillizzarlo ” Forse, uhm .. certo è che i dioscuri possono subire una metamorfosi prodromica senza tuttavia sovrapporsi al sincretismo perfetto, né specificare se il punto dirimente sia l’obnubilamento sensorio o la disambiguazione prospettica”. Vedendo che mi ascoltava estaticamente a bocca aperta, proseguii senza dargli il tempo di richiuderla “Perché vedi, mentre i satrapi erano misantropi ed i cibernetici erano criptici, né il maccartismo né il manierismo furono capaci di pervenire ad un punto simbiotico, né tanto meno ad un climax semantico onde per cui ogni frattale potesse rimanere pleonastico”. Non avevo terminato che  entusiasticamente urlò: “Minchia ora ho capito tutto, mi hai spalancato un portone! Sei grande” e subito dopo “Ciao chi si vede, come stai?” Come sempre, con semplici ficcanti parole, ero riuscito a neutralizzare con successo il suo temporaneo blackout mentale,  che episodicamente lo disorientava, ed insieme andammo a sorbirci una birra.
  5. Vocals Uao ed Eia non si conoscevano. Erano single e vivevano una vita da single, alternavano quindi momenti social a momenti privati, compresi quelli sex. Oltre alla “a” avevano un’altra cosa in comune: l’amore per gli spot alla tv. Purtroppo quello che era un innocente passatempo, un giorno si trasformò improvvisamente in un incubo. Accadde tutto dopo la reiterata visione di quello spot in cui lei, alludendo, invitava lui dicendo” facciamolo più spesso anche noi” . Come ipnotizzati, avevano cominciato ad applicare il refrain a tante loro operazioni, maggiormente a quelle piacevoli, e così, in breve, si ridussero come scheletri viventi a forza di …sesso solitario. Fortunoso come in un film il loro incontro. All’uscita della scala mobile di un centro commerciale a lei era scivolata via la borsa e lui, casualmente di fronte, si abbassò con inusuale galanteria per porgergliela: si ritrovarono a fissarsi a pochi centimetri da terra. Nessuno dei due offriva nulla di attraente, ma nei loro sguardi percepirono insolite profonde affinità e scoppiarono a ridere. Fu l’inizio di una relazione indefinibile… con l’applicazione del comune refrain al quadrato. E non intendevano svegliarsi dal loro sogno. Buon per loro si dirà, ma, c’era un ma. Entrambi erano così coinvolti che ogni loro rapporto, dalla durata indefinita, era accompagnato da prolungate e articolate urla tarzaniche che, mentre i primi tempi, provocava l’intervento della polizia invocata dai vicini allarmati, in seguito… per disturbo alla quiete pubblica. Risultato? Trasferimento forzato in sito ultra eremitico: una inospitale ed incontaminata collinetta a forma tronco conica, la cui sommità era sovrastata da una superficie piana, dove decisero di edificare una casina a forma esattamente conica. Una goduria programmata nei dettagli. In principio avrebbero soggiornato al piano terra, al termine della loro parabola sessuale avrebbero abitato il minuscolo ultimo piano, rilasciando i piani sottostanti vieppiù crescenti a beneficio di figli e nipoti. La casina fu tirata su in un lampo ed i nostri poterono gioiosamente scatenarsi a tutto tondo. La prima ed ultima gestazione di Eia fu … unica. Aspettava cinque gemelle. Nell’attesa si pose come sempre il problema dei nomi, così Uao ed Eia trascorsero molto tempo a sbizzarrirsi. In prima battuta pensarono ad Achiropitta, Emerenziana, Ifigenia, Oakeysi ed Ulderica, poi però le ritennero un po’ banali ma anche difficili a ricordarsi, così passarono ad Adiosa, Energica, Imperitura, Ognissanti e Ubiqua, ma non ci fu piena condivisione con i genitori: alla fine, dopo numerosissimi tentativi, decisero per i più semplici (a chiamare e ricordare) Ata, Eta, Ita, Ota, Uta. Prima di venire alla luce, le bimbe litigarono non poco per chi dovesse essere la prima, poi si accordarono secondo il rigoroso ordine alfabetico e così, in pochi minuti la stanza del parto fu irradiata da cinque diversi toni di piccole ma acute urla : una meravigliosa mini giungla che coinvolse esaltandolo tutto il nosocomio. Le bimbe erano sane, molto belle ma diversissime tra loro. Ata, la prima a venir fuori, e per ciò con il pollice destro orgogliosamente in su e strafatta di selfie, a prima vista, ancorché avvantaggiata, sembrò abbacchiata, abbattuta, abbuiata, accigliata, addormentata, aggiogata, allampanata, allucinata, amminchialita, annebbiata, avvilita, avvizzita. Solo impressione, perché nel tempo dimostrò ampiamente di essere la più poliedrica del mucchietto: abbronzata, acclamata, acculturata, appassionata, avvocata. Eta sembrò essere ecceduta e comunque fece vedere di essere molto attiva sessualmente, effeminata ed eccitata. Ita all’inizio non si capì se fosse più immusita o più irrequieta invece poi provò senza ombra di dubbio di mantenersi illibata e immacolata. Ota si mostrò immediatamente con i problemini della più debole: prima offuscata, onnubilata, come oppiata, poi ossessionata dalla vista ottuplicata, infatti presto fu obbligata ad essere occhialuta. Uta, appena venuta fuori, forse incazzata per l’attesa, volle far pesare subito il suo status di ultima arrivata superando di un’ottava le altre nelle urla; in seguito, per non sentirla, tutti gliela davano sempre vinta, così risultò la più ubbidita.
  6. A…posteriori Se chiedessero il più naturale accostamento tra il termine gay e anteriore e posteriore oppure tra a priori e a posteriori risponderemmo istintivamente: gay-posteriore o a posteriori. E spesso l’istinto ha ragione. Spiego. Soffrendo di ipertrofia prostatica, fortunatamente, benigna, sono costretto a sottopormi a periodiche visite di controllo. L’ultima fu eseguita da un giovane e bel dottorino forse new entry nel nosocomio territoriale. Speriamo-dissi tra me e me- che disponga di un minimo di esperienza! E devo ammettere di essere rimasto piacevolmente sorpreso dalla sua manualità e delicatezza inaspettate allorché introdusse il dito medio? nel cu.. per procedere alla rituale ispezione. Ma l’ingrossamento della ghiandola mi fece reagire con un naturale-uhm. Immediatamente, come avesse patito egli stesso il mio doloroso fastidio, il sanitario sfilò il dito, ma ahimè ne introdusse un altro più importante, inevitabilmente il pollicione ! Aveva frainteso, mal interpretato? Questa volta il mio gemito fu inevitabilmente maggiorato-UHM. Anche allora ritrasse subito il ditone, ma il mio sospiro di sollievo si bloccò a mezz’aria nel prendere atto che il suo gesto non era stato di umanità ma banale equivoco: mi aveva infilato due dita contemporaneamente! Urlai-cazzooooo. Nella stanza risuonava ancora la o finale, che, veloce come una scheggia, tirò via le dita ma mi abbassò ancor di più i pantaloni! A quel punto fui io a stupirmi più di lui della mia reazione stentorea e baritonale- fermi tutti, nessuno si muova-scusa-fece lui- pensavo che stavi per venire,così  volevo liberarti il cu.. per toccarti il ca…-scusa tu-feci io- avevo pensato che volevi liberarmi il cu.. per mettere il ca…! Meglio tardi che mai: avevo capito a posteriori che era gay.
  7. O’ Roskop  Innamorato strafatto degli astri, irlandese dop faceva parte di un clan di famiglie tutte mezze imparentate tra loro che abitavano nella prima periferia di Dublino. Ne facevano parte:  O’ Biettor  un polemico che eccepiva sempre su tutto, O’ Bsolet un tipo demodè, O’ Kial aveva due decimi per occhio e non era proprio raccomandabile alla guida,  O’ Kiell  faceva il sarto, O’ Kult gli piaceva defilarsi,  O’ Cean vestiva sempre in blue mare,  O’ Kupat sempre incasinatissimo, tranne quando si chiudeva al cesso dove rimaneva ore,   O’ Dios  un tipo antipaticissimo, O’ Dor profumava come una troia,  O’ Djet oggettivamente indefinibile,  O’ Phert faceva sempre la carità,  O’ Gnun egoista al massimo, diceva sempre ognuno pensi per se,  O’ Magg generoso e galantuomo,  O’ Moseks apertamente gay, O’ Nest di lui si raccontava di avere cercato per mari e per monti, spendendo una fortuna, il proprietario di una borsa contenente un milione di sterline che aveva trovato per caso  e che intendeva restituire, O’ Norat si sentiva sempre compiaciuto quando gli presentavano qualcuno.. anche un cane, O’ Post  era un bastian contrario perenne, O’Press eternamente stanco e sfaticato, O’ Reck  per poco non si sospettava del suo sesso, O’ Rphan  aveva perso i genitori da piccolo, O’ Rgasm aveva stampato in fronte il..sesso femminile, O’ Riginal il più eccentrico del clan,  O’ Rizzont  pittore in erba, prediligeva i paesaggi lontani, O’ Rpell parlava sempre con frasi piene di fronzoli,  O’ Rend in assoluto il più bruttino ed..evitato del clan,  O’ Rsett così peloso da sembrare un cucciolotto,   O’ Skur  figlio di madre marocchina, O’ Spital accoglieva in casa sua tutti i migranti, rifugiati e non, clandestini, terroristi ecc, un vero…dem, O’ Sess un fissato e maniaco come pochi in tutta l’Irlanda,  O’ Stinat una testa dura come le pietre,  O’ Strogot incomprensibile quando parlava,  O’ Struit e O’ Turat erano due cugini dalla stitichezza ereditaria memorabile,  O’ Tavin suonava nella banda rionale, O’ Timist  era così felice di esistere che, di fronte alle disgrazie che gli capitavano, era lui a consolare gli amici sconsolati per lui,  O’ Tocent era quello che pensava proprio all’antica,  O’ Vertur gli piaceva iniziare i discorsi, poi quando gli altri cominciavano ad accalorarsi, lui si ecclissava,   O’Zios era il fannullone della comunità. Allora…
  8. Doppio… Francotiratore, figlio di Madreperla, amava tantissimo cacciare volatili ma soprattutto sottane, belle, brutte, sveglie, mummificate: importante che avessero un nome speciale, cosa che lo attizzava da morire. D’altra parte la sapeva lunga in fatto di corteggiamenti: a turno faceva il baciamano, il cantastorie, il cascamorto, il pappafico, il pappagallo, il pescecane, il porcospino, il portalettere. Così al bar si vantava di essersi fatte Acquaragia, Acquavite, Anticamera, Bagnomaria, Battistrada, Belvedere, Capotavola, Dormiveglia, Entroterra, Falsariga, Filigrana, Filovia, Giravolta, Guastafeste, Manomorta, Pappamolla, Paradigma, Parapiglia, Parassita, Sopralapanca, Spazzaneve, Terracotta, Toccasana e Voltagabbana. Quest’ultima dimostratasi molto peggio di Giravolta, gli faceva girare i marroni costantemente, mutando sempre opinione anche su decisioni già prese da tempo. L’ultima gliela aveva combinata la domenica che la squadra di casa Il Parabiago(MI) club ospitava quei casinisti del Sotto il Monte Giovanni XXIII(BG) club, quasi un derby, feroce come tutte le stracittadine. Bene, fino al mattino gli aveva promesso che sarebbe stata con le sue amiche così lui potesse godersi il partitone e, di fatti, lui aveva già imparato i nomi di tutti i giocatori in campo: Parabiago (portiere Paraculo, difesa Paracelso- Paradiso-Paradosso, centrocampo Parafango, Paragone, Paralitico, Parallelo, Paralume, attacco Paraninfo e Paranoico), Sotto… (portiere Sottaceto, difesa Sottocoperta-Sottocosta-Sottoscala, centrocampo Sottocosto-Sottofondo-Sottointeso-Sottomesso-Sottosopra, attacco Sottosotto-Sottotono), arbitro il sig. Altopiano di Campobasso, guardialinee unico il sig Ambidestro. Invece lei, all’ultimo minuto, aveva disdetto l’appuntamento con le amiche e deciso di andare al cinema con lui. Francotiratore? Una belva! Già che mal la sopportava, voleva stirarle il collo dalla rabbia che gli annebbiava la vista, ci fu un forte battibecco, poi in un battibaleno pensò di infilarla nell’altoforno del cugino, poi di abbandonarla nel bassofondo, poi di buttarla dal boccaporto della barca, poi di arrostirla nel girarrosto, poi di aspettare mezzogiorno per buttarla dopopranzo dal corrimano con un ficosecco in bocca, poi di farla suicidare col parapendio da un grattacielo con un manoscritto di scuse al mondo. Poi… poi invece riuscì a calmarsi ed a riflettere; delegò, dietro promesse di molte banconote ed un passaporto falso, un lestofante capobanda del quartiere, senzatetto, di scioglierla per farne un soprammobile a….futura memoria.
  9. Incomprensioni Avresti dovuto volermi vedere gioire invece hai preferito vedermi dovere soffrire
  10. Auto…Chi gode di autonomia, sarà pure autosufficiente, disporrà di autocontrollo, potrà auto compiacersi, ma anche auto censurarsi o auto lesionarsi, sarà pure autorevole, autorizzato ed automatico, forse autoimmune, auto munito e condurrà autocarri, ma mai e poi mai si farà l’autopsia.
  11. Buchi C’è chi studia i buchi neri, chi teme i buchi dell’ozono, chi gusta gli osso buchi e i bucatini, chi si gode tutti i buchi, chi non centra mai un buco, chi fa business con i buchi personali, chi gioca a fare più buche, chi lavora facendo buchi, chi dà buca,  chi si buca, chi è bucato, chi fa il bucato, chi fa l’imbucato, chi fa il buca lettere, chi fa il tappabuchi, chi  è bucolico, chi fa sempre buchi nell’acqua, chi fa buchi fumando, chi ha le mani bucate, chi fa parte della banda del buco, chi ha un buco in banca: il più fortunato ha un buco grande.
  12. ORIGINI VARIE:
  13. Stretta la foglia   Un tipo corrotto durante il trotto si era rotto un tratto di arto.  Una tipa sposata piuttosto spossata  al soccorso di lui si disse disposta.  Alla sua vista il corrotto sbottò di botto: me ne fotto del tratto di arto rotto, ti devo mettere subito sotto . La tipa sposata si disse scioccata da cotanta violenza, ma una strana impellenza per la lunga astinenza la spinse a dargliela però chiedendo indulgenza. Tosto il corrotto la mise sotto, ma il tratto di arto rotto in breve lo spinse a metterla sopra. Ciò nonostante il fondo pietroso le ossa impietriva sicché il tipo la donna pregò: fate un letto di piccole foglie e largo mi farò in vostra piccola via.Lei con gioia obbedì e lui come promesso operò ma con delusione un viale trovò.  Da allora si dice: Stretta la foglia larga la via…
  14. Ninna nanna Quando venne alla luce la loro primogenita, i due nani Nanni e Nanà non ebbero dubbi e la chiamarono Nina, che dava già l’idea di essere piccolina. La bimba infatti era piccina ed anche carina anche se mostrò presto di  avere un problemino: difficoltà ad addormentarsi. La madre non poté fare altro che provare con la soluzione più classica ed immediata, cioè dondolarla..niente; provò a dondolarla per ore… niente, allora nonostante fosse molto stonata arricchì il dondolio con una cantilena, poi divenuta famosa: NINA NANA NINA NANA.
  15. Para Paracelso era il nome che il sig. Ponzi aveva dato al suo primogenito,il quale, nei suoi sogni,  sarebbe dovuto diventare un medico famoso; purtroppo il massimo che riuscì ad ottenere per lui fu l’abilitazione di paramedico. In realtà Paracelso, dagli amici chiamato Para, era un  paramedico così così , sia come aspetto che come professione, ma tant’è. Para lavorava nell’ospedale della sua città e non aveva fidanzate. Un bel giorno però accadde l’imprevedibile: una paranormale bellissima si era ricoverata da qualche giorno presso lo stesso nosocomio  dove prestava servizio lui e Para aveva perso la testa. Purtroppo lui era anche timido perciò cercava di farle capire i suoi sentimenti con parabole, parafrasi , paragoni, paradossi ed inoltre le parlava sempre nascosto dietro un paravento, così da non sortire utili effetti.La ragazza, che non era tipo da perdere tempo, aveva adocchiato un paraplegico, anch’egli ricoverato lì, così prestava attenzione solo a lui, tanto che un giorno, per vederlo, si era sporta così tanto dal parapetto del lettino  da  rischiare di cadere giù e  provocare un parapiglia tra il personale paramedico tutto. Il nostro paramedico cercava di non farlo capire, ma era diventato paranoico, però la voglia di lei era così grande che un giorno fu spinto a fare gesti eclatanti pur di ottenere più visibilità, così quel dì assunse tre paracetamolo, si coprì di paraffina, indossò un parapalle, un pararaggi,  un paraspifferi, un paracarro  e un paralume (così per sicurezza), si fece issare con un paranco e da Parabiago si scatenò a fare parapendio, riprendendo il tutto e inviandolo in tempo reale alla sua bella.Niente da fare. Se voleva stupire, non c’era riuscito. Ma al danno si aggiunse la beffa: i colleghi infatti, consapevoli della storia, avevano affisso dovunque la scritta Para vuole essere un paradigma per tutti e si darà presto all’ippica per dimostrare quanto vale. Stranamente Para, che nel frattempo si era drogato con i farmaci più disparati, non si fece sopraffare dagli eventi e, dimostrando di stare allo scherzo, si diede non all’ippica, ma al calcio pretendendo da subito il ruolo di portiere…”visto il mio nome vuoi vedere che questa volta dimostro quello che valgo?” aveva pensato Para. A quel punto gli amici furono costretti ad assistere a tutte le sue partite ed a fare il tifo per lui: ad ogni rigore si alzava l’urlo ”Para Ponzi para Ponzi” e, se per caso veniva infilzato non era raro che la voce si arrestasse “ Para Ponzi Ponzi Po..”Così ebbe origine il famoso ritornello!