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BESTEMMIA

Bestemmia

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Qualche tempo fa ho letto che presso i popoli primitivi esisteva la convinzione che la parola possedesse una forza magica, cioè che fosse in grado di rendere magico l’oggetto interessato, di modificarlo. La funzione antica della bestemmia, così come dell’invettiva e della calunnia vanno compresi alla luce di tale mentalità. Se proprio se ne vuole trovare l’origine e la supposizione fosse azzeccata, viene da chiedersi se il bestemmiatore routinario (ricomprendendo nel termine sia la blasfemia che l’imprecazione in genere) voglia veramente, ma anche il perché, rendere magico o modificare la troia, la puttana, la vacca o le divinità che più gradisce. Lo escludo. Piuttosto sono propenso a pensare che la spontaneità con cui ricorre all’esternazione l’abbia appresa in famiglia o carpita agli amici più anziani o più “fighi”, certo non era insita nel suo DNA; poi avrà trovato terreno fertile nel suo mondo, non sempre(purtroppo) di ignoranza, e quindi divenuta abitudine. Possiamo considerarlo come un vezzo o una piccola droga, comunque non è stato nemmeno bravo ad inventarla lui. Ho precisato ”non sempre di ignoranza” e difatti non è esclusiva di un livello sociale: ciò rafforzerebbe l’idea che di abitudine si tratti.

Se la bestemmia o la parolaccia il bambino l’ha carpita in famiglia e vi ricorre con piacere per vedere l’effetto che provoca sugli astanti, è chiaro che lui si rende e si sente protagonista, ma in quel caso è fondamentale la reazione dei genitori nel sapere riparare, ovvero correggere il comportamento verbale del bambino ed il proprio .

Ma, se è facile perdonare all’ignorante, più arduo è concedere scusante alla persona colta. Lo è per una semplice considerazione: la persona acculturata dovrebbe ( il condizionale è d’obbligo) anche essere riflessiva, così da possedere consapevolezza di ciò che fa e di ciò che dice; con la bestemmia che coinvolga in particolare divinità lui ha piena coscienza di manifestare il suo ateismo a chi lo circonda; se si attende una reazione di condivisione, sarà colto, ma contemporaneamente anche stupido e irrispettoso verso sentimenti e religioni, avendo imposto il suo modo di pensare senza che nessuno glielo abbia chiesto (molto peggio di chi fuma in ambiente chiuso magari in presenza di bambini e donne incinte). Mi spingo oltre: se lui non crede assolutamente in un qualcuno o qualcosa, che gusto gli provoca richiamare nella bestemmia questa cosa inesistente? Alla prima occasione lo chiederò ad uno specialista.. che non bestemmi. Se proprio ci si rende conto che bestemmiare rilassa, gratifica o accredita presso qualche gruppo e auto referenzia (mi riferisco alla necessità di partecipare a gruppi, associazioni, club ecc. cui purtroppo non riescono a rinunciare in tanti e che in parecchi casi ritengo sintomo di insicurezza ed assenza di personalità) non sarebbe preferibile intercalare o rafforzare frasi con simpatiche battute di propria invenzione ma afferenti a termini reali, che caratterizzino anziché omologare il bestemmiatore? Quando inserisce una divinità inesistente, sono più propenso a credere che lui, piuttosto, inconsciamente creda nella sua esistenza, ma la richiami dispregiativamente solo perché la ritiene ingiusta (è il suo modo di vendicarsi per avere forse provato ad invocarla senza essere stato esaudito?). Chiederò anche questo. Rimango dell’idea che blasfemia = bestialità.

Finisco con la convinzione che il primo a bestemmiare sia stato proprio un uomo, non tanto perché sia raro sentirlo fare alle donne quanto perché, tralasciando le blasfemie, le più comuni vanno da porca troia/puttana/vacca a porca/puttana/Eva; non si è mai udito porco/cornuto/Adamo. Porco diavolo e porco cane sono gli unici che conosca.

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