EUCOOKIELAW_BANNER_TITLE

DOLORE

Dolore

Flickr

Come considerare il dolore? Cediamo all’ovvietà se affermiamo che è sensazione perlomeno fastidiosa, inopportuna, inutile, odiosa; siamo matti se diciamo che è utile, necessaria, piacevole. Accettiamo di essere ovvi e matti e spieghiamo perché. Il dolore è percepito da ognuno in modo assolutamente personale. Può essere occasionale, cronico, periodico, stazionario, variabile.

Per quanto attiene alla percezione esistono diverse scale, denominate algometriche, la più nota delle quali è quella lineare che va da 1 a 10. Ognuna ha i suoi pregi e difetti e personalmente le ritengo  solo indicative; il metodo più affidabile sarebbe quello di disporre di uno strumento affidabile come il classico misuratore della temperatura, che indicasse il dolore percepito e non già quello riferito dal paziente.  Cosa impossibile visto che il dolore, come la gioia e tutti i sentimenti e le sensazioni sono assolutamente individuali dipendendo da una moltitudine di fattori personali. Ciò che si vuole dire è che occorre avere grande comprensione per riuscire a considerare con parità la sofferenza di un bimbo per la perdita di un animale o del giocattolo preferito, quella manifestata da un adulto per la morte di un genitore, per l’abbandono del suo amore, per la amputazione di un arto, o al limite per i danni all’autovettura personale.

La stragrande maggioranza, escludendo masochisti, perversi, deviati psichici, asceti e simili, non se lo augura, anzi qualcuno cerca in tutti i modi di prevenirlo o di evitarlo. Non è certo il caso di chi, adrenalina dipendente, ama il rischio e se lo va a cercare, come chi pratica gli sport estremi, chi esercita non necessariamente a livello professionale il rugby, il pugilato, il motociclismo, l’automobilismo e tutti quegli sport che non escludono la probabilità di procurarsi traumi fisici. Né è il caso di chi, pur non forzato da esigenze specifiche, frequenta luoghi malfamati e pericolosi, chi necessita di provare ogni nuova esperienza senza conoscerne le conseguenze, chi attratto da aspirazioni umanitarie, ma senza adeguata preparazione ed esperienza, si avventura in paesi teatro di guerre, chi fa il mercenario, e naturalmente chi delinque. Ma chi non rientra nelle citate categorie non è certamente esente: l’imprevedibile esiste sempre, ivi comprese in prima linea le malattie. Tuttavia il dolore è necessario! Lo è sia quello provocato che quello fortuito, ma esclusivamente nella misura in cui può risultare utile. Limitiamoci a citare i casi che vengono in mente al momento, ad esempio quello causato dalla sculacciata al bambino disobbediente, dal graffio del micio o dal morso del cane, dal tocco incauto di un elemento molto caldo o di un cavo elettrico, da una banale nevralgia o dalla mini frattura di un arto ecc. Necessario perché insegna cosa vuol dire dolore nelle sue varie intensità, cosa vuol dire sofferenza. Il dolore in definitiva genera “crescita”. Un adulto che malauguratamente non abbia mai “provato” nessuna delle centinaia di malattie esistenti? Non crescerà mai e si incanalerà, ove non lo sia già, verso la strada che porta all’egoismo 2.

A chi si trovasse in siffatta situazione si suggerisce di non di andare alla ricerca del dolore, ma semplicemente di ascoltare con attenzione parenti e amici che l’hanno provato per scoprire una verità a loro sconosciuta che: QUANTO PIU’ SI E’ SOFFERTO TANTO PIU’ SI RIDIMENSIONANO I PROBLEMI!

Al contrario si definisce inutile, assurdo ed ingiustificabile ogni eccesso del dolore, e lo è tanto più quanto più questo si riverbera su parenti, amici e persone care, soprattutto se lo stesso non ha termine con la guarigione ma con la morte dell’individuo. Forse, ma solo forse, chi è profondamente religioso se ne fa una ragione. La chiesa infatti fornisce una risposta, che è una di quelle risposte classiche che o l’accetti o no: è il Crocefisso che si carica tutto il dolore umano e lo redime vincendo il male e la morte, spalancando la felicità eterna agli uomini. Forse anche chi si sente ed è più religioso di tanti stretti osservanti, riconoscerà di non possedere la flessibilità mentale che gli consenta anche solo di incamerare il concetto. Costui, è il mio caso, verosimilmente accetterebbe la soluzione: sofferenza mia= altrui salute o felicità.

E’ banale evidenziare gli egoismi, ma facciamolo: E’ egoista chi rifugge il dolore perché, umanamente, preferisce il piacere; ma egoisti sono anche il masochista, l’asceta, l’eroe, il kamikaze perché il dolore dà un senso alla propria esistenza, ma, volendolo trovare più facilmente tra noi, è egoista anche chi sta bene nell’autocommiserarsi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *